Mastoplastica Riduttiva
Chirurgia del Seno
PRE OPERATORIO
Si basa su uno o due incontri durante i quali il chirurgo valuta la situazione nel suo complesso e descrive alla paziente quali potrebbero essere le sue aspettative più realistiche nel caso decidesse di sottoporsi ad intervento chirurgico.
Qualora esistano più alternative, vengono illustrate tutte le diverse possibilità di affrontare il problema e si discutono tempi, costi e modalità.
Raggiunto l’accordo su un determinato programma, si pianifica la strategia dell’intervento con l’aiuto di foto, disegni e misurazioni.
La paziente sottoscrive le rituali formule di consenso al trattamento proposto e riceve la lista degli esami preliminari, nonché la prescrizione dei farmaci che dovrà assumere nell’immediato postoperatorio.
Questa fase si conclude con un insieme di raccomandazioni sul comportamento da tenere nella fase immediatamente preoperatoria.
INTERVENTO DI MASTOPLASTICA RIDUTTIVA
VEDI MASTOPLASTICA RIDUTTIVA PRIMA E DOPO
L’intervento di mastoplastica riduttiva ha lo scopo di ridurre il volume del seno rimodellando e sollevando tutta la mammella.
Forse il primo nella storia della chirurgia estetica mammaria, è uno degli interventi che conosce il maggior numero di tecniche e di varianti. Si propone di ridurre il volume della mammella e, al contempo, di rimodellarla e/o sollevarla.
Sono possibili più tecniche che distingueremo per semplicità in base al tracciato della cicatrice residua.
Quest’ultima può limitarsi a circoscrivere l’areola (cicatrice periareolare) o prolungarsi in un segmento che unisce l’areola al solco sottomammario (cicatrice verticale), ovvero prolungarsi ancora verso l’ascella (cicatrice a “L”), o infine estendersi anche verso lo sterno (cicatrice ad “ancora” o a “T invertita”).
La prima tecnica (cicatrice periareolare) può apparire come la più conveniente per l’esiguità della cicatrice residua.
Tuttavia è una procedura, che si può proporre soprattutto per seni abbastanza giovani, con buon tono cutaneo e con modesta necessità di riduzione.
Infatti, qualora la riduzione cutanea dovesse essere marcata, si avrebbe un eccessivo schiacciamento del cono mammario ed un serio rischio di festonatura della cicatrice.
Quest’ultimo fenomeno perché l’asportazione della cute in eccesso attraverso la resezione di un anello periareolare comporta la sutura finale fra due strutture circolari: areola e margine inciso, discretamente differenti in lunghezza e quindi l’ineluttabile effetto a “festone” del margine più ampio.
La seconda tecnica (cicatrice verticale), come la precedente, si è affermata negli ultimi dieci anni.
Essa si basa sul principio che le resezioni cutanee responsabili delle cicatrici sottomammarie presenti nelle tecniche più tradizionali (L e T invertita) possono essere evitate perché l’elasticità tessutale è capace nel tempo di riassorbire l’eccesso cutaneo. Sta di fatto che, anche in questo caso, le caratteristiche del mantello cutaneo devono essere perlomeno buone ed in ogni caso si corre il rischio che una piccola parte di cicatrice (l’estremo inferiore) possa oltrepassare il margine inferiore del reggiseno.
Le tecniche con cicatrice ad “L”, a nostro parere, risultano le più equilibrate; infatti si adeguano alla massima parte dei casi da trattare, sia per quanto riguarda l’età della paziente, che per quanto riguarda le caratteristiche della pelle e la quantità di riduzione richiesta.
Il tracciato cicatriziale residuo non è minimo, ma decorre nascosto dagli indumenti e soprattutto lascia completamente libero il “décolleté”.
E’ la soluzione che noi preferiamo per tutti i motivi sopraddetti.
Probabilmente non è eseguita così largamente come la prossima che ci accingiamo a descrivere perché, al contrario di questa, è di più complessa esecuzione per cui, in mani non particolarmente esperte, diviene abbastanza lunga ed indaginosa.
Le tecniche dell’ultimo gruppo (“T invertita”) sono tuttora le più diffusamente eseguite, verosimilmente perché, impiegando un incisione simmetrica con scarse o nulle necessità di compenso, risultano procedure complessivamente più agevoli e di più rapida esecuzione rispetto alle precedenti.
Esprimendo un’opinione del tutto personale non possiamo condividere i sostenitori di questa filosofia perché riteniamo improponibile, in presenza di così numerose e valide alternative, eseguire un intervento che produca esiti cicatriziali nella porzione mediale del solco inframammario, in una regione lasciata sempre più frequentemente scoperta dalla moda più attuale.
Va inoltre considerato che qualsiasi cicatrice si produca in questa area del corpo (sopra e peristernale), quasi invariabilmente va incontro ad ipertrofia per cui diventa spessa, rilevata e facilmente violacea: in pratica estremamente visibile ed inestetica.
DURATA MASTOPLASTICA RIDUTTIVA
L’intervento chirurgico può durare dalle 2 alle 4 ore (per entrambe le mammelle).
ANESTESIA
Può essere locale, specie se trattasi di una riduzione modesta, ma è largamente preferita l’anestesia generale, anche perché trattasi di un intervento normalmente abbastanza lungo (3 – 4 h).
REGIME
Generalmente di ricovero (1 giorno), ma in casi selezionati è possibile anche in via ambulatoriale.
POST OPERATORIO
Poco impegnativo, specie per i casi più semplici.
Non è gravato da sintomatologia dolorifica importante e la fase di drenaggio si riduce a due o tre giorni.
Il ricovero si riduce alle prime 24 ore, dopodiché la paziente torna alla propria abitazione per osservare una settimana di convalescenza durante la quale si muove liberamente in casa, ma evita qualsiasi atto fisicamente oneroso, specie quelle attività svolte con l’impegno dei muscoli pettorali (lavare in terra, stirare, etc…).
Dopo 6 o 7 giorni, a studio del chirurgo vengono rimossi i drenaggi e rinnovata la medicazione.
Al 14° giorno si inizia la rimozione delle suture, procedura che viene generalmente completata al 21° giorno post-operatorio.
L’attività moderata e quindi anche un lavoro sedentario è già possibile dopo 2 o 3 settimane al massimo.
Si può tornare in palestra o in piscina ed impegnare le braccia dopo circa 40-45 giorni.
COMPLICANZE MASTOPLASTICA RIDUTTIVA
- Immediate: ematoma ed infezione (come per qualsiasi intervento chirurgico ed in generale abbastanza rari).
- A distanza: diastasi e/o ipertrofia delle cicatrici.
- Rimedi: l’ematoma, se modesto, può essere fatto riassorbire spontaneamente, altrimenti va aspirato.
L’infezione (più rara) prevede la terapia antibiotica.
La diastasi o l’ipertrofia cicatriziale sono complicanze abbastanza frequenti in un intervento che si conclude con una forte tensione su tutto il decorso della ferita chirurgica. Tuttavia è sufficiente attendere qualche mese (perché il seno si consolidi nel suo nuovo assetto), per poter eseguire una revisione delle cicatrici inestetiche ed ottenere così dei risultati veramente apprezzabili con cicatrici, che, a lungo andare, somiglieranno a delle semplici smagliature.
Le più importanti del postoperatorio immediato sono quelle comuni a tutti gli interventi chirurgici (ematoma, infezione), ma fortunatamente si tratta di eventualità che si verificano molto raramente.
Più facilmente si può avere che le ferite, sottoposte a discreta tensione, non guariscano nel modo migliore, dando luogo a cicatrici piuttosto evidenti.
Può accadere anche che le zone più periferiche dei lembi incisi e preparati dal chirurgo, come pure l’areola ed il capezzolo, abbiano a soffrire per un deficit di circolazione dando luogo a zolle di tessuto necrotico.
Anche in questo caso, dopo una fase più o meno lunga di medicazioni inizialmente frequenti ed ambulatoriali, poi più rare e domiciliari, l’esito a distanza sarà rappresentato da cicatrici più o meno estese ed a volte alterazioni della forma della mammella interessata.
A tal proposito vale rammentare che, alcuni mesi dopo l’intervento, quando la mammella si è ormai assestata nel suo nuovo involucro, è possibile revisionare chirurgicamente (e spesso con una banale procedura ambulatoriale) le cicatrici inestetiche eventualmente prodottesi, sicuri, questa volta, di ottenere risultati senz’altro gratificanti.
Altra complicanza possibile è rappresentata dalla perdita di sensibilità superficiale, specie a a livello dell’areola o del capezzolo.
In casi limite, ovvero con mammelle di enormi dimensioni (Gigantomastia), per non rischiare la necrosi del complesso areola-capezzolo (C.A.C.), il chirurgo potrebbe essere costretto ad isolare la struttura dal derma sottostante ed a trapiantarla nella sede più appropriata. Questa manovra comporta necessariamente perdita della sensibilità del C.A.C. ed impossibilità permanente ad allattare.
STABILITA’ DEL RISULTATO
E’ legata alla buona tenuta dei tessuti della paziente, ma dipende anche dal tipo di intervento eseguito, per cui i rimodellamenti più profondi, che interessano anche la parte ghiandolare, sono destinati a durare molto più a lungo delle semplici e superficiali pessi cutanee.
COSTI MASTOPLASTICA RIDUTTIVA
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